SCHEMA:
IL GOVERNO CRISPI E LA CRISI DI FINE SECOLO
Nel 1887 muore Depretis e il Re incarica Crispi di
formare il nuovo governo.
Crispi, da ex rivoluzionario, antimonarchico,
antimoderato, capo della Pentarchia (opposizione interna alla Sinistra al trasformismo
di Depretis) divenne esponente della borghesia e della volontà di costruire uno
stato autoritario sul modello prussiano.
Politica estera:
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Fedeltà
alla triplice Alleanza e al modello autoritario della Prussia di Bismarck;
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Colonialismo.
Una volta al governo, Crispi, adeguandosi alla politica inaugurata da Depretis,
continuò a curare gli interessi di agrari, industriali, banche ed esercito. Ciò
portò al tentativo di conquista del Corno d’Africa. Il trattato di Uccialli del 1889 stabiliva il protettorato italiano su
diverse zone dell’Etiopia, della Somalia e dell’Eritrea (mentre il negus etiope
ne accoglieva un’interpretazione amichevole). Nel 1895 l’Italia penetrò
militarmente in Etiopia, ma il negus Menelik II sconfisse clamorosamente ad
Adua gli italiani, portando alle dimissioni di Crispi, che concluse, così, la
sua carriera politica.
Politica interna:
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Autoritarismo:
potenziamento
del potere esecutivo a scapito del Parlamento (tramite riforma istituzionale
sul modello bismarckiano); Crispi cumulava nelle proprie mani la presidenza del
consiglio, il ministero degli esteri e il ministero degli interni; repressione moti operai e contadini di fine
secolo (fasci siciliani); maggiori poteri alle forze dell’ordine della
repressione delle sommosse operaie di origine anarchica e socialista (politica
antisocialista);
-
Centralismo:
subordinazione delle amministrazioni locali e delle prefetture al governo
centrale, con conseguente maggior controllo del potere centrale;
-
Riforme.
Riforma degli enti locali: elezione diretta del sindaco nei comuni con
più di 10.000 abitanti;
-
Riforma
della giustizia del Codice Zanardelli: eliminazione del
reato di sciopero nei casi in cui questo si verifichi in maniera pacifica (va
precisato, che al momento dell’Unità d’Italia il reato di sciopero, inserito
nel codice penale sardo all’art 386, fu esteso a tutto il Regno); abolizione
della pena di morte.
-
Intervento
dello stato in ambito sociale: costruzione sistema
sanitario pubblico con l’obiettivo di togliere l’influenza della Chiesa in
questo settore (politica anticlericale; vedi anche collocazione statua di G.
Bruno a Campo dei Fiori a spese dello Stato). La Chiesa aveva iniziato i suoi
interventi nell’era della Sinistra già con l’Opera dei Congressi nel 1874, ma
nel 1891 Papa Leone XIII, che promulgò l’enciclica Rerum Novarum, sosteneva i diritti dei lavoratori nei
confronti dello sfruttamento (Dottrina sociale della Chiesa). Adesso i
cattolici possono partecipare alla vita politica eleggendo quei liberali che
difendono in Parlamento i principi e gli interessi della Chiesa. Nacquero
numerose società di mutuo soccorso, casse rurali e associazioni di carità.
L’obiettivo della Chiesa era di combattere, sul suo stesso terreno, il nemico
mortale ateo socialista.
Politica economica:
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Rafforzamento del sostegno statale
all’industria con commesse e
con il Protezionismo;
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Nel 1887 varò misura protezionistiche
più rigide di Depretis, colpendo i commerci con la Francia su prodotti
siderurgici e metallurgici (ricordiamo la politica filo prussiana e
antifrancese di Crispi), causando una guerra
doganale (ritorsione di un paese quando questo si vede impossibilitato
ad immettere i suoi prodotti all’interno di un mercato estero a causa degli
altissimi dazi);
-
Trattati commerciali con Austria e Germania;
-
EFFETTI
DEL PROTEZIONISMO: L’INDUSTRIA
SIDERURGICA E METALLURGICA ITALIANA DEL NORD VENNE PROTETTA, MA L’ECONOMIA
MERIDIONALE E VENETA, CHE ESPORTAVA PRODOTTI AGRICOLI IN FRANCIA (vino,
bestiame, riso, seta), FU FORTEMENTE DANNEGGIATA CON UNA RIDUZIONE INTORNO AL
40%. AUMENTO DEL PREZZO DEL PANE DOVUTO ALLA MANCATA IMMISSIONE SUL
MERCATO ITALIANO DEL GRANO RUSSO E AMERICANO CHE ERA MOLTO ECONOMICO.
Questione sociale e Socialismo:
-
I salari degli operai in tutta Italia
rimanevano fra i più bassi d’Europa; iniziò il fenomeno dell’emigrazione nelle
Americhe.
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L’incremento delle diseguaglianze
produsse la nascita del PSI nel 1892, che si propose di esercitare una
pressione verso la borghesia in senso riformistico (per questo era distante sia
dal marxismo rivoluzionario sia dalle posizioni anarchiche).
BREVE
GOVERNO GIOLITTI – FASCI SICILIANI – RITORNO DI CRISPI
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Nel 1891 il governo Crispi cadde perché
fu messo in minoranza su una proposta di inasprimento fiscale. Dopo il breve
governo d Antonio di Rudinì, nel 1892 salì al governo Giovanni Giolitti. Abbandonò l’autoritarismo di Crispi e
mostrò una cauta apertura verso i socialisti.
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Tra il 1892 e il 1893 si diffusero in
Sicilia i Fasci siciliani,
organizzazioni operarie e contadine avverse alla politica sociale e fiscale del
governo, dedite agli assalti negli uffici comunali, alla liberazione dei
detenuti e all’incitamento delle masse alla rivolta. I Fasci si ribellavano
alla politica protezionistica che danneggiava le esportazioni del sud e
chiedevano una più equa distribuzione delle terre. Giolitti non intervenne con la repressione, come chiedevano, invece, i conservatori e Crispi.
-
Giolitti rimase coinvolto nello scandalo
della Banca romana. Il presidente del consiglio aveva coperto le irregolarità
della stampa clandestina, per coprire gli ammanchi dovuti ai fallimenti
edilizi, di 9 milioni di lire (altri 25 milioni erano stati immessi in
eccedenza senza osservare i limiti imposti dalla legge). Inoltre, le banche
avevano prestato ai politici soldi a tassi favorevoli per campagne elettorali.
GIOLITTI CADDE.
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Ritorno di Crispi nel dicembre 1893:
proclamò lo stato d’assedio in Sicilia inviando 50.000 militari che repressero
nel sangue la rivolta. Furono sciolte le organizzazioni politiche operaie,
venne limitata la libertà di stampa e di associazione.
IL
GOVERNO DI CRISPI FINI’ IN SEGUITO ALLA DISFATTA DI ADUA DEL 1895
La
crisi di fine secolo
A Crispi successe Rudinì fino al 1898. Questi
concesse l’amnistia ai leader dei Fasci, ma nel 1897 il successo dei socialisti
e dei radicali alle elezioni, preoccuparono industriali e agrari, che chiesero
il pugno di ferro. Nel 1898 in Italia ci furono diversi scioperi contro il rincaro
del pane dovuto ai cattivi raccolti,
contro i dazi sul grano (vedi grano Usa e Russia) e contro la negazione
degli aumenti salariali. Tra il 6 e il 9 maggio 1898 a Milano il generale Bava
Beccaris sparò sulla folla provocando 80 morti (300 secondo i socialisti). Il
generale venne nominato Grand’Ufficiale del Regno dai Savoia. Il fatto suscitò
l’indignazione generale dell’opinione pubblica e disordini. Rudinì chiese lo
scioglimento delle camere e nuove elezioni, ma il Re si rifiutò, e assegnò al
generale Pelloux l’incarico di formare un nuovo governo (giugno 1898). Questi
propose progetto autoritari che ledevano le libertà civili e l’opposizione
parlamentare fu molto forte. Nel giugno 1900 le nuove elezioni registrarono il
successo di repubblicani, socialisti e liberali moderat. Saracco formò il nuovo
governo. Il 29 luglio Re Umberto I (salito al trono nel 1878) fu assassinato
dall’anarchico Gaetano Bresci a Monza, per vendicare gli eccidi di Milano. Salì
al trono Vittorio Emanuele III, Zanardelli, invece, divenne presidente del
consiglio al posto di Saracco. Al ministero dell’interno fu nominato G.
Giolitti.
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