La filosofia dello Spirito
L’Idea, dopo essersi estraniata nella natura come esteriorità e spazialità, ritorna presso di sé, per ritrovarsi come soggettività razionale e libertà nel mondo umano. Questa è la parte più alta e importante della filosofia, poiché rappresenta l’auto riconoscimento dell’Assoluto tramite la razionalità umana.
La filosofia dello Spirito si divide in:
Spirito soggettivo
Spirito oggettivo
Spirito assoluto
Lo spirito soggettivo è lo spirito individuale: lo spirito dell’umanità che si ritrova come razionalità. É il percorso che abbiamo visto nella Fenomenologia dello Spirito, con la differenza che nell’opera precedente era un procedimento diacronico, un viaggio storico dalla civiltà greca alla modernità; mentre adesso si esplica come processo sincronico: l’elevazione alla ragione avviene ogni volta contemporaneamente. Un esempio chiarirà la questione: l’infanzia è la tesi, la giovinezza è l’antitesi, la maturità è la sintesi. Oppure: conoscere teoretico (tesi), attività pratica (antitesi), spirito libero (sintesi); la libertà (che è lo stesso approdo cui conduce la fenomenologia dello spirito) così ottenuta fa capire all’uomo che l’attività pratica è dettata dalla ragione e non dagli impulsi.
Lo Spirito Oggettivo
Nell’ultima fase dello Spirito soggettivo l’uomo diviene libero, poiché l’azione è determinata non più dalle inclinazioni personali (sentimento, impulso, felicità), ma dal volere universale comune a tutti gli altri uomini. Così, lo spirito incarnato nell’uomo, diviene spirito libero che s’inscrive in una dimensione meta individuale (universale). Da qui vi è il passaggio verso quel momento dell’Assoluto che Hegel definisce Spirito Oggettivo, trattato sia nei Lineamenti di Filosofia del diritto, sia nell’Enciclopedia delle scienze filosofiche.
Perché si parla di Spirito oggettivo?
Perché, nella storia, lo Spirito si realizza a livello non più individuale (soggettivo) ma meta individuale, cioè oggettivo. Quando si parla di attività pratica, l’uomo esce dal suo isolamento ed entra in una trama di relazioni umane dove dovrà essere rintracciata la razionalità.
La libertà si realizza nella sfera dello Spirito Oggettivo, tramite le istituzioni sociali, realtà intersoggettive che rappresentano il cammino storico dell’Assoluto e che sopravvivono alle vite dei singoli uomini. Siamo nell’ambito della filosofia del diritto.
I momenti in cui si articola lo Spirito oggettivo sono tre:
Diritto astratto (proprietà, contratto, diritto contro il torto).
Moralità (proposito, intenzione e benessere, bene e male).
Eticità (famiglia, società civile, Stato).
Il Diritto astratto
Il concetto di Diritto in Hegel va considerato in senso lato, cioè come insieme delle norme di una comunità. A tal proposito va fatta una distinzione: vi sono norme esplicite, cioè le leggi scritte del diritto positivo; e quelle implicite, cioè l’insieme delle norme non scritte della tradizione (il costume). Il diritto, nelle sue due articolazioni appena viste, è razionale, poiché è espressione dell’Assoluto: ciò comporta che le leggi, come anche le costituzioni, non sono create a tavolino dall’umanità, ma si svolgono nella storia come manifestazioni dello Spirito.
Il fondamento del diritto è, per Hegel, la proprietà (cioè la sfera “esterna” del libero volere) che, per essere riconosciuta tale dagli altri individui, necessita del contratto. Tale contratto può, però, essere violato (torto o illecito e delitto) e ciò comporta la necessità di ripristinare il diritto violato attraverso la pena, che rappresenta una riaffermazione potenziata del diritto (tesi: diritto, antitesi: torto, sintesi: pena). Questa, però, per essere formativa e non vendicativa, deve essere riconosciuta e interiorizzata dal criminale (ciò comporterà, come vedremo fra poco, il passaggio alla moralità).
Il rapporto tra diritto e moralità è ribaltato. Secondo Kant e Fichte il diritto e le sue istituzioni permettevano la realizzazione degli obiettivi della moralità: ciò significa che la morale precede il diritto. Nel pensiero di Hegel, invece, la morale è l’interiorizzazione del diritto, invertendo, così, il loro rapporto. Ciò è in linea con il pensiero del filosofo che aveva già criticato la morale kantiana: nel momento della Ragione nella Fenomenologia dello Spirito, Hegel sostiene che la pretesa universalità della morale non può fondarsi sulla soggettività. Allora è la meta individualità (intersoggettività) del diritto che può fondare la morale, nel senso che questa diviene una sua interiorizzazione: l’individuo, nella moralità, interiorizza il diritto come realizzazione storica e oggettiva dell’Assoluto. Detto in altri termini: la comprensione del legame tra individuo e legge (libertà e razionalità) porterà all’interiorizzazione della legge e dunque alla morale.
Moralità (aspetto soggettivo del bene)
La Moralità rappresenta il momento in cui si realizza l’interiorizzazione della razionalità della legge che il diritto astratto presentava come costrizione esterna. Adesso l’individuo è consapevole (vedi il criminale) che la razionalità cui obbedisce non è più esterna all’uomo.
Nella fase della moralità, la volontà dell’uomo che vuole realizzare il bene, vuole realizzare questo bene. Ciò significa che vi è spaccatura tra soggettività che deve realizzare il bene e il bene stesso. Infatti, il bene è, così, ancora solo dover essere: ritornano le critiche fatte a Kant e Fichte, i quali ponevano il fulcro della realizzazione della morale proprio nella continuità della lotta contro l’impulso sensibile, senza raggiungere mai l’adeguamento tra volontà e ragione, cioè la coincidenza tra essere e dover essere. Un'altra critica che Hegel fa alla moralità kantiana è che essa è priva di contenuti e, quindi, astratta e pericolosa: l’imperativo categorico, come pura forma senza indicazione su “cosa fare” potrebbe diventare strumento di una cattiva coscienza che eleva a legge universale una cattiva massima (Hegel, però, non tiene in considerazione che tale rischio non accade, poiché la regola guida è che si deve concepire una massima “universalizzabile”, cioè che permetta la pacifica convivenza dell’umanità e preservi la possibilità dei rapporti sociali, N.a.).
Ulteriori incarnazioni della moralità sono le “morali del cuore”, già viste nella Fenomenologia, ascrivibili al Romanticismo: l’ironia romantica, dice Hegel, fa dell’io individuale il Signore del bene e del male (ma questo, come abbiamo già visto, è assurdo).
Nella fase della moralità, dunque, permane la scissione tra soggettività e bene a causa del mancato riconoscimento che la ragione è già nelle istituzioni storicamente affermatesi (famiglia, società civile, Stato).
Eticità (aspetto sociale del bene)
Eticità (tedesco "Sittlichkeit") è il termine con cui Hegel indica quel complesso d’istituzioni umane (famiglia, società civile, Stato) in cui la libertà e il bene si realizzano oggettivandosi: bene in sé, razionalità e libertà si riconoscono nella loro universalità concreta delle istituzioni.
Prima di passare alla tripartizione dell’Eticità (famiglia, società civile e Stato), sarà bene proporre un ulteriore approfondimento.
Etica: dal latino “Ethica” e dal greco “Etikè”, ciò che è relativo al costume, all'abitudine e alla consuetudine (Ethos): è ciò che si sviluppa storicamente, in maniera processuale. Se nella storia della filosofia il termine “etica” è diventato sinonimo di “morale”, in Hegel esso riacquista il significato già datogli da Aristotele. L’Ethos è l’orizzonte storico culturale che precede lo sviluppo dei singoli comportamenti morali: la coscienza individuale (e la sua cognizione soggettiva del bene: la moralità!) è calata in un sistema di valori e relazioni che la fondano e che la formano. Diritto astratto e Moralità (aspetto soggettivo del bene) sono superate nella sintesi dell’Eticità: il Bene morale soggettivamente pensato è realizzato nelle istituzioni che esprimono il Diritto.
La famiglia (tesi)
La famiglia costituisce un’unità spirituale basata sull’amore dei coniugi, e si articola nel matrimonio, patrimonio e nell’educazione dei figli.
Con l’ultimo momento, la famiglia si ricongiunge alla società, poiché i figli educati entrano in relazione con altri figli a loro volta provenienti da altre famiglie. Si passa, così, al momento della società civile, in cui i particolarismi tipici di ogni singola famiglia si contrappongono (antitesi). I figli educati e posti nella società vivono una seconda nascita.
Società civile (antitesi)
La società civile è un momento dello Spirito Oggettivo in cui gli interessi particolari delle varie famiglie si scontrano e s’incontrano nella sfera giuridico – amministrativa e in quella economico – sociale. È il terreno della mediazione e della coesistenza che ancora non vedrà realizzata una vera sintesi tra le famiglie. Hegel considera la società civile come momento negativo che prepara allo Stato, in cui vi sarà la realizzazione dell’unità sintetica. La negatività di questa antitesi ci fa capire come Hegel sia lontano da posizioni liberali, le quali sono dedite alla difesa dell’interesse particolare a discapito dell’unità sociale e dello Stato. Nella società civile la coesistenza tra gli individui non proviene da un sentire comune, ma dal reciproco interesse e dalla convenienza. Questa è la fase dell’alienazione dello Spirito oggettivo (fuori di sé) che diventerà autocosciente nel momento successivo dello Stato, in cui la consapevolezza del vivere assieme sarà interiorizzato e riconosciuto.
La società civile si articola in tre momenti:
Il sistema dei bisogni, in cui il lavoro soddisfa i bisogni e genera la specializzazione e la suddivisone in classi per una maggiore efficienza sociale;
L’amministrazione della giustizia, in cui si realizza la legalità, ovvero il rispetto della legge senza una sincera adesione interiore.
Nei Lineamenti di filosofia del diritto Hegel assegna un ruolo fondamentale alla “polizia” e alle “corporazioni”. La polizia garantisce la difesa della sicurezza e della proprietà. Le corporazioni sono le strutture che organizzano coloro che praticano le arti e i mestieri: sviluppano rapporti di collaborazione che rappresentano il primo superamento della disgregazione sociale. E’ il preludio all’universalità statale.
Riassumendo: la società civile è considerata “stato esterno”, poiché gli interessi privati sono regolati da organi pubblici che s’impongono dall’esterno. Questa imposizione fa sì che tale “stato esterno” si configuri come “necessità” e come prodotto dell’intelletto, proprio perché vi è separazione tra gli uomini che non hanno ancora la concezione del sentire comune (presente, invece, nello Stato).
Il passaggio dalla società civile allo Stato avviene attraverso la formazione dell’individuo (Bildung) in cui si renderanno evidenti le connessioni universali. Il primo momento di questo passaggio è l’acquisizione della cultura, il secondo il lavoro, i cui rapporti sociali che stabilisce rende l’uomo un elemento importante del sistema sociale cui appartiene.
Lo Stato (sintesi)
“Lo Stato è la sostanza etica consapevole di sé, la riunione del principio della famiglia e della società civile” (da “Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio”). Lo Stato indirizza i vari particolarismi presenti nella società civile (bene o utile privato) verso il bene collettivo.
Questa concezione, detta concezione etica dello Stato (Stato etico) differisce dalla concezione liberale, che conferisce allo stato il ruolo di garante dei diritti particolari degli individui. Con Hegel, piuttosto che l’interesse privato, è il bene collettivo ad essere in primo piano, e gli interessi privati della società civile vanno subordinati a questo obiettivo etico meta individuale (universale). Lo stato hegeliano differisce anche dallo stato democratico, secondo cui la sovranità risiederebbe nel popolo. Infatti, il popolo, per avere la sovranità vuol dire che ha un primato logico rispetto allo stato ma, secondo Hegel, il popolo viene fondato nella sua identità proprio perché è già dentro lo stato, diventando una conseguenza di questo; e al di fuori dello stato non è popolo, ma “moltitudine informe”. É lo Stato stesso che fonda e detiene la sovranità, poiché dentro di sé trova la sua ragion d’essere. Sono gli individui, e non viceversa, a essere fondati dallo Stato, sia cronologicamente sia idealmente. Lo Stato è superiore all’individuo: esso è il bene universale già realizzato (Stato etico). La concezione di Hegel è anche organicistica. Lo Stato, infatti, è come un grande organismo, una grande famiglia di cui le vari parti (famiglia e società civile) sono momenti necessari per lo sviluppo del complesso totale. Hegel rifiuta pure il contrattualismo e il giusnaturalismo. Al primo contesta la presunzione che lo Stato sia il risultato di una libera decisione arbitraria degli individui; al secondo contesta l’esistenza di diritti esistenti prima dello Stato (con esso, però, condivide la supremazia e l’importanza delle leggi). Individui pensanti e diritti individuali esistono proprio grazie allo Stato, e non viceversa. Da ciò si evince l’ottica storicistica hegeliana, secondo la quale lo Stato, la costituzione e le istituzioni non sono creati a tavolino, ma sono il risultato storico dell’evoluzione di un popolo, dello svolgimento dell’Assoluto (una costituzione, sostiene Hegel, è “svolta dallo Spirito”, non creata dagli uomini).
Il potere legislativo determina l’universale (le leggi). Ad esso concorrono sia l'assemblea dei ceti, espressa in una camera alta e una camera bassa, sia gli altri due poteri. Questa compartecipazione si spiega con il fatto che i ceti potrebbero far valere gli interessi privati, mentre i membri del governo sanno meglio come gestire lo stato e sostengono che “il popolo non sa ciò che vuole”.
Il potere esecutivo (governativo), che comprende potere giudiziario e polizia, applica ai casi particolari l’universalità delle leggi. A questo compito sono preposti i ministri e i funzionari dello stato.
Il potere principesco rappresenta l’unità dello Stato a cui spetta la decisione ultima che ha la funzione simbolo di dire “si”.
A questo punto sono necessarie alcune delucidazioni.
Il ruolo fondamentale è svolto dal governo con i suoi ministri.
Lo stato di Hegel è Stato di Diritto, cioè organismo in cui governano le leggi e non gli uomini, salvaguardia della libertà formale e della proprietà, senza essere né dispotico, né tantomeno liberale o democratico.
Hegel sostiene che lo Stato è l’ingresso di Dio nel mondo, nel senso che rappresenta la razionalità dell’Assoluto nel suo sviluppo storico:
“Lo Stato […] è la realizzazione della libertà […]. Lo Stato è lo Spirito che sta nel mondo […]. L’ingresso di Dio nel mondo è lo Stato”.
Ciò che appare “cattivo” nello Stato è elemento necessario del suo farsi tramite la Storia.
Ciò comporta che lo Stato non può essere limitato dalla morale. Neanche a livello internazionale lo stato può trovare limiti, ed è per questo che in caso di controversie è necessaria la guerra come momento di sviluppo dell’Assoluto: essa non solo è inevitabile, ma addirittura necessaria, perché preserva i popoli dalla fossilizzazione quali li ridurrebbe una pace durevole o perpetua. La guerra è l’antitesi che muove la Storia verso un nuovo concetto, una nuova sintesi:
“Dalle guerre, risultano non soltanto rafforzati i popoli; ma nazioni, che sono discordi in sé; acquistano, mediante guerre all’esterno, pace all’interno”.
Lo stato hegeliano è sostanza etica nel senso che è substantia dalla quale dipende tutto il resto: è sostanza che fonda l’essere dei singoli, considerati come momenti di una superiore unità razionale meta individuale.
Se desiderate lezioni individuali contattatemi via mail: puglisi.giancarlo@hotmail.it
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