Stoicismo - cenni

Stoicismo

 Intorno al 300 Zenone di Cizio fondò la Stoa, ovvero la scuola filosofica così chiamata poiché in greco Stoà Poikìle  era il portico dipinto dell'agorà di Atene in cui egli teneva le sue lezioni.
-         Periodizzazione
Storicamente nella scuola stoica si possono distinguere tre grandi periodi. Il primo, detto anche dell’antica stoa, va dagli inizi del 3° sec. e si estende fino al 2° sec. a.C. ed è rappresentato dal fondatore Zenone di Cizio, da Cleante di Asso e da Crisippo di Soli.
A partire dal 2° sec. si afferma però la tendenza a fondere ecletticamente con le concezioni stoiche motivi platonici e aristotelici, aprendo così una seconda fase che si protrae dal 2° al 1° sec. a.C., periodo noto come media stoa o s. medio, avente come suoi maggiori esponenti Panezio di Rodi, discepolo di Diogene di Seleucia, e il suo scolaro Posidonio di Apamea, importanti entrambi per l’influenza esercitata sulla
cultura romana.
Il terzo e ultimo periodo della scuola, denominato anche s. tardo o dell’ultima stoa, si estende dal 1° al 3° sec. d.C. e si caratterizza per la sintesi di motivi desunti dalla tradizione cinica e di dottrine della prima stoa. Seneca, Epitteto e l’imperatore romano Marco Aurelio si annoverano fra i massimi esponenti di questa fase. La scuola stoica ebbe grande importanza nel mondo romano, dove l’etica da essa elaborata, esaltando la libertà e la dignità dell’individuo, portò alla creazione di un tipo ideale di stoico, insensibile al male fisico, capace di andare incontro a volontaria morte, quando essa si presenti come l’unico mezzo per sfuggire alle
offese provenienti dal mondo esterno.

-         La concezione etica
La dottrina etica pone al suo centro un concetto di virtù intesa come esercizio di ragione. L’uomo virtuoso è colui che vive in modo razionale, secondo natura, cioè comprendendo filosoficamente la razionalità della realtà naturale. L’impegno del saggio sta quindi nell’adeguarsi al corso necessario delle cose, persuaso dell’intrinseca razionalità degli eventi, realizzando una sorta di indifferenza verso i singoli aspetti della realtà. Quando gli sia impedito di seguire questi principi di comportamento, egli saprà scegliere di uscire dalla vita (suicidio) piuttosto che vivere in modo irrazionale. La libertà si realizza così nel saper pensare, adeguandosi a ciò che accade e instaurando un rapporto di simpatia con gli altri uomini e col tutto.
Nell’etica stoica cambia anche il giudizio: ciò che appare sofferenza e ingiustizia è semplicemente il frutto di un errato giudizio. Soltanto mettendosi dalle alture della ragione universale, sarà possibile liberarsi dalle passioni dettate dalla prospettiva umana. La vera libertà in questo caso, è proprio l’identificazione con il corso necessario della realtà: solo abbandonando la prospettiva delle passioni sensibili, cioè le visoni di parte dell’emotività soggettiva, sarà possibile essere liberi. Tale libertà, come noterà secoli dopo Hegel, sarà fittizia, poiché il filosofo, che si crede libero anche in catene, non muta realmente lo stato di cose (vedi la figura dello stoicismo nella Fenomenologia dello spirito).

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