In Vita di Gesù (1835), Strauss sostiene che i Vangeli non contengono una verità
storica, ma rappresentano un mito creato sulla base delle impressioni prodotte
da Gesù sulle attese soteriologiche dei primi cristiani. La figura di Gesù come
figlio di Dio è una costruzione mitologica, unione di divino e umano, di infinito
e finito.
Strauss distingue
tra il Cristo della fede e quello della storia: quello della storia è un uomo
eccezionale, mentre quello della fede è miticamente inteso come Dio fattosi
uomo. La rappresentazione mitica – asserisce Strauss – deve essere compresa
alla luce della mentalità del tempo, tenendo conto dell’impatto che la parola
del Cristo ebbe sulla società di allora. Tenendo conto di ciò, quest’uomo
eccezionale potrà essere definito come esmpio morale della virtù, e non un Dio.
Dalla Vita
di Gesù: “Questo ideale della perfezione morale, quale comporta un essere
cosmico dipendente da bisogni e da tendenze, non può essere concepito da noi
che sotto le forme di un uomo; anzi, siccome noi non possiamo farci alcuna idea
della potenza di una forza e quindi neanche della disposizione morale, se non a
condizione di figurarcela lottante contro ostacoli e trionfante benché assalita
d’ogni lato, questo ideale si presenterà a noi sotto la forma di un uomo pronto
non solo a compiere egli stesso ogni dovere umano e a propagare il piú
possibile con la sua dottrina e col maggior vantaggio del genere umano, e
malgrado le seduzioni piú attive, ogni sorta di patimenti, fino alla morte piú
ignominiosa”.
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