Adesso vedremo gli ulteriori sviluppi della crisi (crisi dell'Impero e della Chiesa) già emersa in precedenza, i cui esiti produrranno cambiamenti destinati a mantenersi anche per l’assetto futuro delle due istituzioni.
Ricordiamo il fallimento del tentativo di «universalizzare» l’impero, cioè estendere il controllo imperiale sia sui feudatari interni (vedi anarchia feudale), sia sui comuni, sia sul mezzogiorno (vedi presenza normanna).
I feudatari interni, in effetti, creavano ostilità all’imperatore, (Federico II), poiché governavano in maniera autonoma: ciò portò allo scontro con le pretese accentratrici del sovrano.
Il successore di Federico II, il figlio Manfredi (metà del Duecento) tentò di riaffermare il controllo in Italia, ma ciò preoccupò il Papa, il quale sposta l’asse delle alleanze. Infatti, adesso che la corona normanna è in mano degli Svevi (ricorda politica matrimoniale di Federico I), il Papa investì del trono di Sicilia (per evitare un accerchiamento imperiale) un’altra casata, quella degli Angioini: Carlo d’Angiò fu incoronato re di Sicilia nel 1266 da Papa Clemente IV. Perché lui? Perché Carlo aveva promesso al papa di non avere mire espansionistiche come il Sacro Romano Impero. Gli angioini governarono fino al 1302.
Il fattore «interno» della crisi imperiale
Durante la vita dell’Impero si era affermata l’anarchia feudale. I feudatari, vista la debolezza del potere centrale (imperatore), governavano non più in nome del sovrano ma esercitando in maniera diretta i poteri che in realtà spettavano a lui: poteri militari, poteri fiscali, amministrazione della giustizia (tribunali).
Ciò, chiaramente, comporta diversi svantaggi:
1) ogni feudo si governa come se fosse un regno autonomo (il termine «anarchico» significa «senza potere», cioè «senza potere imperiale»), dando luogo alla già nota "anarchia feudale";
2) una generale insicurezza pervade tutto l'impero, poiché ogni feudo è potenzialmente nemico dell’imperatore e degli altri feudatari confinanti.
3) non vi era un esercito comune: se l’impero avesse avuto bisogno di un esercito per fare guerra, avrebbe avuto difficoltà ad organizzarsi, poiché ogni feudatario si preoccupava del suo possedimento.
4) danni economici: il commercio tra un territorio e l’altro era difficile.
Come si chiama questo fenomeno?
Dal punto di vista imperiale si chiama «anarchia feudale»: i Signori che non accettavano di sottomettersi al potere sovrano erano giudicati "senza governo", come fosse una situazione di disordine che manaccia il potere centrale;
Gli storici utilizzano, però, anche altri termini, come quello di «Signorie locali»: il feudatario governava una porzione di impero.
Il fenomeno, però, non era diffuso solo in Germania, ma anche in Francia, Inghilterra e Spagna: sarà qui che vedremo affermarsi una nuova organizzazione di Stato, la monarchia feudale.
In Germania, invece, rimarrà una certa frammentazione politica che durerà ancora per qualche tempo.
Le monarchie feudali (XII – XIII)
La frammentazione politica ed economica generata dal feudalesimo condusse nobili, Comuni e clero a cercare un potere centrale, a loro vincolato, che garantisse loro diritti e vantaggi.
Nascono, così, le «monarchie feudali», i cui re sono legati ai ceti dominanti da un contratto, pena la deposizione dal potere. Il re non era pagato ma si manteneva con le sue rendite e con i proventi dei commerci all’interno dello Stato.
Se voleva introdurre nuove tasse, non poteva farlo se non dopo aver consultato nobili, clero e Comuni in un'assemblea chiamata «Parlamento». Questo non aveva durata permanente, ma era convocato per pochi giorni e solo quando serviva. In Francia, il Parlamento sarà chiamato «Assemblea degli Stati generali», cioè l’assemblea che riuniva gli Stati (ceti) di clero, nobiltà e terzo Stato (la borghesia grande e piccola).
Riassumendo:
la Monarchia feudale fu una forma di organizzazione del potere centralizzato preposta a garantire i privilegi e gli interessi dei ceti dominanti. Poco spazio di manovra autonoma rimane al Re, il quale è vincolato alla soddisfazione delle richieste dei più ricchi.
Tra i tanti obiettivo delle monarche feudali non dobbiamo dimenticare l’accentramento del potere: tutti i sovrani cercheranno di avere confini «certi» e «ben definiti», in maniera tale da poter definire con chiarezza fin dove arriva il potere centrale del re. C’era, però, un problema strano: in Francia, ad esempio, non tutto il territorio era sottoposto al controllo del re di Francia Filippo Augusto, ma vi erano territori sottoposti al controllo del re d’Inghilterra Enrico II Plantageneto (simbolo floreale della casata: la ginestra, in latino «planta genistea»). Ciò portò allo scontro tra le due monarchie.
Lo scontro tra le monarchie feudali
In effetti era una cosa più che normale: se le monarchie feudali si rafforzano, non possono permettere spinte centripete né, tantomeno, la presenza di altre monarchie sul proprio territorio.
Ma la situazione non era facile, poiché piena di confusione: il re d’Inghilterra, infatti, aveva ereditato i territori francesi occidentali da politiche matrimoniali della sua parentela (madre e padre) e dal suo personale matrimonio.
Lo scontro avvenne il 27 luglio 1214 a Bouvines: la Francia vinse.
Per la prima volta due monarchie e i loro eserciti si scontrano per l’intera sovranità sul territorio nazionale.
Conseguenze interne
Francia
La vittoria ha determinato il rafforzamento del potere centrale del sovrano Francia. Il re riformò l’amministrazione dello Stato tramite nuovi funzionari, detti balivi, che:
1) riscuotevano le tasse
2) amministravano la giustizia (tribunali)
I balivi (latino «balivus» «portatore di qualcun altro») erano borghesi legati da uno stipendio. Era un legame diverso da quello feudale. Ciò servì al sovrano per cercare di estromettere i nobili dalla gestione dello Stato, per evitare le loro pressioni. Inoltre, era una fetta della società a lui alleata in funzione antifeudale e anticlericale, in vista di un futuro ulteriore accentramento del potere.
Il re fondò diverse istituzioni: Parlamento di Parigi, Consiglio del re, Corte dei conti.
Inghilterra
La sconfitta produsse l’indebolimento del potere del re Giovanni Plantageneto (detto «senza terra», cioè senza eredità, poiché ultimogenito di Enrico II) e lo scontro con i feudatari inglesi:
La guerra contro la Francia andava finanziata: il re imponeva prelievi fiscali a discapito dei feudatari.
Si scontravano due concezioni del potere:
1) la concezione feudale del potere: secondo i feudatari il re doveva proteggere i suoi vassalli e non chiedergli nulla di più (in questo caso ulteriori tasse) di quanto stabilito dall’investitura feudale
2) la concezione sacra dell’autorità del re: secondo il re il potere monarchico è di origine divina e non vincolato ad un contratto (l’investitura feudale) né tantomeno limitato dal volere degli uomini (i feudatari)
Nel 1215 (un anno dopo la sconfitta di Bouvines) i feudatari imposero al re la Magna Charta Libertatum, la Grande Carta delle Libertà (dei feudatari) che poneva grossi limiti all’autorità del re:
1. L’operato del re doveva essere controllato da 25 baroni
2. Era lecito l’uso della forza dei feudatari qualora il re non avesse rispettato la Carta (senza colpire la «persona» del re)
3. Il re non poteva giudicare qualcuno senza un processo gestito da «pari» dell’imputato
4. Il re non poteva richiedere nuove tasse senza il consenso del Consiglio generale del Regno, un’assemblea di feudatari inglesi.
Il Parlamento inglese
Il Consiglio generale del Regno è il futuro PARLAMENTO INGLESE, che nel corso del Duecento si comporrà di:
1) Camera dei Lord (nobiltà e clero maggiori)
2) Camera dei Comuni (piccola nobiltà, clero minore e borghesia cittadina).
La sede è Westminster, a Londra.
La Magna Charta limita i poteri del re per preservare i privilegi nobiliari e clericali, impone la concezione feudale del potere e, inoltre, distingueva i ceti alti dalla massa dei cittadini inglesi. Si garantivano, cioè, le libertà solo dei ceti alti e non del popolo.
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