LA CRISI DEL TRECENTO


Definizione


Con il termine «crisi del Trecento» s’intende un periodo storico in cui si verificarono crisi demografiche, economiche e sociali tra di loro interconnesse.

Le crisi agricola e demografica decretarono la crisi di questo secolo: agli inizi del Trecento, diverse annate piovose avevano indebolito l’agricoltura, culminando nella Grande Carestia del 1315 -1317. Ciò comportò un numero altissimo di morti per fame che produsse un circolo vizioso: la morte di numerosi contadini faceva sì che ci fossero meno braccia per lavorare la terra, decretando, così, la diminuzione di prodotti agricoli. A sua volta, si verificarono ulteriori carestie (circa una ogni dieci anni!) che continuarono a danneggiare agricoltura, economia e demografia.

Da ciò noi deduciamo che la crisi agricola produsse una forte crisi demografica; ma questa crisi demografica, a sua volta, continuò ad alimentare la crisi del settore agricolo (circolo vizioso).
La crisi demografica fu, però, alimentata anche da altri fattori:

1. Le guerre del Trecento decimarono la popolazione
2. Una epidemia di peste (lat. «pestis», cioè «la peggiore malattia». In realtà non si trattava mai della stessa malattia, ma un nome generico per indicare o la peste propriamente detta, oppure, indistintamente vaiolo, morbillo, o tifo).


La peste del 1346 – 1351


I dati. L’epidemia di peste di questo periodo ridusse la popolazione europea di circa 1/3 (cifra orientativa). La città di Bologna, ad esempio, perse circa 20.000 abitanti; Palermo ha perso i 2/3 della sua popolazione; l’Italia, nel complesso, ebbe circa tre milioni di morti. L’Europa, invece perse, in totale, circa 8 – 10 milioni di abitanti (da 50 milioni scese a circa 40 – 42 milioni).

Il contagio. Nel 1346 la cittadina di Caffa, colonia genovese in Crimea (attuale confine ucraino – russo), fu assediata dai Tartari. Tra questi scoppiò la peste: i soldati rimasti tentarono l’ultimo assedio per piegare la città, lanciando con la catapulta i corpi dei compagni morti affinché questi contagiassero il morbo ai nemici. Tra i difensori della colonia, coloro che sopravvissero tornarono in Europa, innestando un contagio a catena (vedi cartina contagio pag. 220). La peste che colpì l’Europa fu di due tipi: quella bubbonica (formazione dei «bubboni», ascessi e tumefazioni) e quella setticemica (che dà luogo a delle chiazze cutanee nere). Nel 1894 il medico russo A. Yersin scoprì il bacillo della peste, la Pasteurella pestis, che viene contagiato dai ratti all’uomo tramite le pulci.

Reazioni sociali


I contemporanei di allora, cosa sapevano di questo morbo? Nulla. Nessuna teoria, inoltre, era bastata a spiegare il perché di un tale flagello. In quest’epoca il pensiero scientifico non era ancora nato, ma l’uomo aveva comunque bisogno di spiegazioni: ecco che nascono teorie come quella del «capro espiatorio» (rito ebraico durante la festa dello Yom Kippur, festa dell’espiazione. Il sacerdote aveva due capri: uno veniva immolato, l’altro veniva abbandonato nel deserto e caricato simbolicamente di tutti i peccati). Gli Ebrei, comunità non sempre ben integrata nei vari Stati europei, furono ritenuti responsabili della collera di Dio, che aveva mandato la peste per punire gli uomini della morte di Cristo. Gli Ebrei, la cui cultura differiva profondamente dalle popolazioni ospitanti, divenivano facile bersaglio su cui scaricare la responsabilità di eventi altrimenti inspiegabili. Si diffusero notizie che accusavano gli ebrei di avvelenare le acque dei pozzi per odio anticristiano. Gli Ebrei, furono vittime dei pogrom (in russo «devastazione», sistematiche persecuzioni collettive di ebrei). La facilità con cui gli ebrei divennero capro espiatorio di ogni crisi interna aveva, in realtà, radici ben profonde. Dal momento che la legge impediva ad essi di svolgere alcune professioni, per poter vivere non gli rimaneva altro che svolgere attività odiate (come l’usura) e attività commerciali in spietata concorrenza con i commercianti locali. Dietro i pogrom spesso ci stavano motivazioni economiche: gli aristocratici aizzavano il popolo contro gli ebrei cosicché la loro eliminazione avrebbe prodotto l’estinzione dei loro debiti. Nonostante tutto, la Chiesa prese posizione: nel 1348 una bolla di Clemente VI condannò i pogrom.

Crisi economica


Come abbiamo già visto prima, la crisi agricola e la peste produssero la crisi demografica, la quale, a sua volta, produsse una ulteriore crisi economica che ha colpito tre settori produttivi:

A. crisi del settore agricolo

1. bassa domanda di cibo produsse una bassa produzione e un calo dei prezzi dei cereali
2. di conseguenza la terra non fu più produttiva e redditizia;
3. anche la diminuzione della manodopera (morti e bassa natalità) incise sulla produttività delle terre.

B. crisi del settore manifatturiero:

1. calo dell’offerta di manodopera:
2. scrasità di manodopera
3. auemtno del costo della manodopdera
4 restringimento del mercato
5. aumento dei prezzi dei prodotti

C. Crisi del settore commerciale:

1. la diminuzione di domanda e offerta deglia ltri settori produsse un drastico calo dei commerci.


Crisi economica: soluzioni

In Toscana e in Italia centrale fu introdotta la Mezzadria, contratto agrario tra proprietario e mezzadro (latino: «colui che divide a metà», «mezzo»): costi e profitti venivano divisi a metà. Fu abolita del 1964. Ciò comportava la riduzione dei rischi economici.

Molti proprietari preferirono non coltivare più cereali (svalutati) ma colture specializzate come olio e vino, il cui mercato e redditività erano in crescita. Altri ancora passarono all’allevamento, poiché era in crescita anche la richiesta di latte, lana, burro e formaggio. La ricerca di territori dove far pascolare gli animali comportò la recinzione delle terre comuni da parte di latifondisti (enclosures), vietando l’accesso ai contadini.

La Manifattura vide la diminuzione della produzione della lana, ma decollò la vendita della seta, dovuta all’arricchimento di coloro che avevano ereditato patrimoni dai morti di peste («effetto eredità»).

Conseguenze sociali


La crisi del settore della lana generò rivolte a Firenze: diminuzione del lavoro e del salario provocarono la rivolta dei Ciompi del 1378 (gli «scardassieri» cioè coloro che «pettinavano» la lana; il nome Ciompi ha origine incerta), impiegati nelle botteghe. Questi richiedevano maggiore rappresentanza politica nel comune per poter influire sulle scelte economiche delle Arti a cui appartenevano. I Grandi maestri delle Arti arruolarono uomini al loro comando che sconfissero i rivoltosi.

La crisi del settore agricolo generò dure rivolte:

1. Francia: la rivolta contadina, chiamata jacqueries (dal soprannome dato al loro leader, Jacques Bonhomme, il cui vero nome era Guillaume Charles) fu repressa nel sangue da un esercito nobiliare (20.000 vittime; metà Trecento).

2.Inghilterra: l’aristocrazia terriera aveva aumentato i canoni d’affitto, recintato le terre comuni. I contadini si ribellarono violentemente: marciarono su Londra, aiutati anche da proletariato urbano. La città fu occupata. Le loro richieste furono accolte. Quando i contadini tornarono soddisfatti  e vittoriosi, furono repressi violentemente (fine Trecento).

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