Estratto tratto dal libro IL DEBITO DEL CRISTIANESIMO DELLE ORIGINI NEI CONFRONTI DELLA FILOSOFIA. IL RAPPORTO TRA RAGIONE E FEDE
Rispetto alle altre grandi religioni monoteiste, il Cristianesimo è caratterizzato, sin dalla sua nascita, da un accentuato slancio missionario. I concetti di fratellanza e uguaglianza, protesi verso il tentativo di uniformare tutto il genere umano al di là delle varie appartenenze nazionali e sociali, hanno mostrato un’esemplare capacità di racchiudere, entro l’universo culturale cristiano, culture spesso distanti, se non anche opposte. Questa apertura verso l’altro, però, ha generato una spinta espansionistica che nei suoi destinatari è stato spesso percepita come una minaccia, specie dal potere politico e dalle élite sociali. Del resto, un messaggio d’amore universale vissuto come imperativo morale, non poteva certo rimanere chiuso entro i confini di una ristretta cerchia settaria; e la forza d’urto della sua diffusione, con la rivoluzione etica ad essa connessa, non poteva che suscitare, in seno alla cultura tradizionale, una reazione o di accoglienza o di rifiuto. L’evangelizzazione all’interno del mondo occidentale, così, ha messo capo ad una dialettica che si è incarnata nello scontro – incontro con la cultura di matrice ellenistica. La spinta missionaria e le dispute dottrinarie contro le eresie, unite alla necessità apologetica – la quale, a sua volta, era indissolubilmente legata alla sopravvivenza del Cristianesimo - hanno condotto all’assorbimento di concetti e metodi della filo-sofia greca. Gli strumenti linguistici inclusi nei processi di conversione e apologia, hanno dovuto muoversi lungo la tradizione di concetti e teorie di cui i pagani erano pregni; inoltre, all’interno della nascente cultura, si è andato creando un insieme di alternative che, posta l’ortodossia, sono state tacciate come eretiche. Ciò ha condotto ad una battaglia teoretica che i primi cristiani hanno affrontato attraverso la rielaborazione dei concetti della cultura pagana. Insomma, in tutti e tre i casi, è stato necessario l’apporto del discorso razionale e dei metodi dimostrativi tipici della filosofia.
Tutto questo ha posto le condizioni per quell’assimilazione che vedrà, da un lato l’ellenizzazione del Cristianesimo e dall’altro la cristianizzazione della filosofia. Per quel che ci riguarda, una particolare attenzione merita l’evoluzione della fede cristiana, la quale ha tentato di trasformarsi in filosofia, aspirando ai suoi tratti di scientificità. Sin da Giustino, e poi con Clemente e Origine, fino ad Agostino, la fede cristiana si è mossa verso quell’elevazione culturale che le ha permesso di affrontare l’accusa di inferiorità mossagli dai propri detrattori, e di raggiungere non solo la parità, ma addirittura di superare la filosofia, relegando quest’ultima al ruolo di ancella della teologia. Il Cristianesimo, insomma, per potersi affermare ha dovuto farsi filosofia, grazie al prestito ricavato dall’universo culturale greco. Tutto questo ha generato una sintesi culturale inedita, la quale ha anche permesso la sopravvivenza del pensiero classico, il cui merito è consistito nel gran contributo donato al sostegno delle verità di fede. Tuttavia, non si può non riconoscere che i primi autori cristiani, nell’ambito di questo recupero della filo-sofia, abbiano utilizzato un approccio privo di storicità, spesso decontestualizzando e adattando quanto avevano appreso. Del resto, non dobbiamo dimenticare che il Cristianesimo si diffuse non per affermare una nuova filosofia della “storia della filosofia”, ma semplicemente per donare la speranza ad un uomo alienato, confuso e schiacciato dall’inesplicabilità del proprio mondo.
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