Il concetto di Rivoluzione
La parola "rivoluzione” deriva dal latino "revolvere", che significa “far girare intorno" fino a tornare al punto di partenza. Il concetto faceva parte del linguaggio degli astronomi, che lo impiegavano nel suo significato letterale di “rivolgimento” o “rivoluzione”, per indicare il movimento completo di un pianeta attorno alla Terra. La parola “rivoluzione” fu utilizzata nel linguaggio politico nel 1689 in un’opera anonima che trattava delle “Rivoluzioni d’Inghilterra dalla morte del protettore Oliver fino al ristabilimento del re”. Un’altra opera anonima pubblicata in francese nel 1702 presentava gli eventi del 1688-89 come “l’ultima rivoluzione d’Inghilterra”. Lo storico tedesco Karl Griewank fa notare che, nel trapasso dall’astronomia alla politica, forse deve aver giocato la convinzione astrologica che il movimento dei pianeti era in grado di influenzare le vicende umane.
Nel linguaggio storico, il termine "Rivoluzione" indica un rivolgimento radicale di un preesistente sistema sociale, politico ed economico al fine di edificarne uno totalmente nuovo. La rivoluzione è la netta e incontrovertibile rottura con il passato che genera cambiamenti evidenti e profondi.
Nell'immaginario collettivo, il concetto evoca un moto violento e repentino perché queste caratteristiche sono le più evidenti, ma in realtà il termine è legato più al "cambiamento totale" piuttosto che alla sua "velocità". La rivoluzione, così, è considerata anche come "processo" lento e lungo, non repentino e non violento, che produce cambiamenti importanti. Questo è il caso della rivoluzione industriale che, realizzatasi su un periodo medio lungo, ha generato rivolgimenti notevoli in campo economico e sociale.
La Rivoluzione va distinta dai concetti più ristretti di insurrezione e rivolta, entrambi circoscritti all'ambito politico-istituzionale. Il primo indica un movimento armato organizzato per la conquista del potere, mentre il secondo si riferisce a una sollevazione spontanea, non organizzata, generata dalla protesta nei confronti del potere costituito.
Condizioni della I rivoluzione industriale
Durante il Settecento vi fu una importante crescita demografica causata da:
1. diminuzione delle carestie grazie alla diffusione della patata (importata dalle Americhe), la quale cresceva anche nelle zone fredde e anche dove era difficile coltivare cereali.
2. diminuzione delle epidemie di peste e delle infezioni grazie al miglioramento delle condizioni igieniche.
3. questi fattori determinarono una diminuzione della mortalità infantile e della popolazione in genere.
La crescita demografica stimolò lo sviluppo del settore agricolo, che fu spinta a migliorare la produttività tramite:
1. rotazione quadriennale delle terre (grano, rape, orzo e trifoglio, che è una pianta medica).
2. enclosures: recinzioni e privatizzazione delle terre a demanio pubblico. Ciò sviluppò una mentalità imprenditoriale dedita agli investimenti privati per migliorare la produttività delle terre.
3. estensione dei terreni coltivabili grazie ai dissodamenti e alle bonifiche.
4. sviluppo tecnologia agricola: strumenti in ferro.
La crescita della produttività agricola alimentò i commerci, per i quali fu necessario:
1. il potenziamento collegamenti stradali tra città e campagna.
2. l'incremento dei crediti (prestiti delle banche) a imprenditori commerciali
3. la diffusione della carta moneta, che facilita e rende meno rischiosi gli scambi commerciali.
Ricapitolando:
la I rivoluzione industriale fu quel fenomeno di cambiamento economico e sociale che investì in maniera duratura l’Inghilterra di fine Settecento. I cambiamenti riguardarono, nel complesso:
A. aumento quantitativo di produzione manifatturiera e commerciale.
B. innovazione tecnologiche: utilizzo di nuove macchine.
C. utilizzo di fonti di energia inanimata (non più animali).
D. utilizzo di materie prime per sviluppare energia.
Perché si sviluppò in Inghilterra?
Ecco l'insieme di fattori il cui virtuoso intreccio generò la rivoluzione industriale:
Fattori politici
La borghesia inglese interveniva nella politica economica grazie alla rappresentanza parlamentare: potevano influire sulla politica fiscale (tasse) e finanziaria (prestiti e investimenti). La I rivoluzione industriale è favorita dalle condizioni politiche createsi con la Gloriosa Rivoluzione. La presenza dei capitalisti in Parlamento portò alla creazione di una legislazione che tutelava la proprietà.
Fattori economici
1. La borghesia e l’aristocrazia (non parassitaria come quella francese) svilupparono il capitalismo agrario: i proventi dell’agricoltura erano reinvestiti per migliorare la produttività delle terre.
2. Enclosures: le recinzioni di terre demaniali (privatizzazione di terre pubbliche) ad opera della «gentry» (classe imprenditoriale). I capitali erano investiti nelle terre. Nacquero le prime grandi aziende agrarie.
3. Le «recinzioni» condussero i contadini ormai disoccupati, esclusi dalla proprietà, a emigrare verso la città, costituendo manodopera a basso costo per le fabbriche.
Fattori demografici. L’aumento della popolazione produsse crescita della domanda di prodotti agricoli e manifatturieri.
Grande disponibilità di capitali e di materie prime
L’attività mercantile coloniale aveva prodotto una mole enorme di capitali disponibili per investimenti. Inoltre, le colonie americane fornivano cotone grezzo a basso costo.
Fonti di energia
Riserve di carbon fossile presenti in Inghilterra. Ciò stimolò l’industria estrattiva.
Invenzioni tecnologiche settore manifatturiero
James Watt inventò la macchina a vapore (1769), utilizzata nella produzione manifatturiera.
Nel 1733 John Key inventò la navetta volante, che velocizzava la filatura.
Altre macchine per la filatura (es.: filatoio idraulico di Arkwright nel 1769).
Tutte queste macchine necessitavano di energia idraulica e, quindi, dovevano essere installate lungo i corsi d’acqua. L’invenzione di Watt risolse il problema, poiché il vapore sviluppato dalla sua macchina forniva energia per le macchine da filatura.
Settore siderurgico
Lo sviluppo dell’industria tessile generò un processo di sviluppo di altri settori. La richiesta di macchine per filare stimolò l’industria siderurgica, atta a lavorare il ferro necessario per costruire le macchine. L’industria siderurgica utilizzava il carbon fossile (fonte energetica inanimata) che, prodotto in un forno, produceva il coke, che sviluppava più calore. Ciò permise una maggiore efficienza sulla lavorazione.
L’industria siderurgica stimolò l’industria estrattiva. Gli stabilimenti siderurgici nascevano vicino le miniere, dove avveniva l’estrazione del carbon fossile e del ferro da lavorare.
I trasporti
La macchina a vapore fu applicata anche ai battelli mercantili, utilizzati per trasportare il carbone dalle miniere ai centri di produzione.
Iniziò lo sviluppo, seppur modesto ancora, della locomotiva. Il primo prototipo fu costruito da George Stephenson nel 1814.
La «questione sociale»
La nuova produzione industriale determinò la crisi del sistema di produzione artigianale e a domicilio. Nacque la «concentrazione del lavoro» nei grandi stabilimenti (fabbriche). Contemporaneamente nelle campagne i contadini non ressero alla concorrenza delle grandi aziende agrarie nate dalle enclosures.
Contadini e artigiani, adesso disoccupati, cercarono impiego presso le grandi fabbriche e si trasformarono in «proletari», classe sociale con reddito minimo che non possiede nulla e deve «vendere» la propria forza – lavoro in cambio di un salario.
La meccanizzazione della produzione ebbe negativi effetti sociali:
1. l’operaio era addetto a una singola fase di produzione: il lavoro era ripetitivo e snervante. Ciò giustificava il basso salario, poiché l’operazione minima da compiere non aveva bisogno di specializzazione.
2. impiego del lavoro minorile e femminile: le operazioni minime erano talmente semplici che potevano farle individui considerati inferiori che, oltretutto, risultavano essere più mansueti e meno portati alla ribellione. Ciò giustificava un ulteriore abbassamento del salario.
3. tutto il risparmio ottenuto sulla forza lavoro avvantaggiava il capitalista poiché aumentava la produzione mentre risparmiava sui costi di produzione.
La forza – lavoro, così, diventa «merce». Il libero mercato del lavoro, sottratto ai vincoli delle corporazioni artigiane, era regolato dal rapporto domanda – offerta. Dal momento che i disoccupati erano più dei posti di lavoro a disposizione, e la meccanizzazione riduceva la difficoltà del lavoro, il prezzo della forza lavoro era basso. Le «braccia» erano oggetto di scambio di mercato, rendendo gli uomini al pari della forza animale.
Altri fattori di disagio sono rappresentati dagli «slums», quartieri operai malsani, criminosi e con condizioni igieniche pessime, dove il disagio sociale regnava sovrano.
Le condizioni di disagio, dei turni massacranti, dei salari e la disoccupazione hanno generato rivolte contro il nuovo sistema produttivo. Tra le proteste più note annoveriamo il Luddismo: il 9 ottobre 1779 Ned Ludd, a Bolton, guidò gli operai verso la distruzione della macchine, che minacciava la vita dei lavoratori. Altre contestazioni si verificarono nel 1813, cui seguirono 13 condanne a morte.
Nel 1792 nacque la prima associazione politica dei lavoratori, la Corresponding Society, che rivendicava il suffragio universale ei il rinnovo annuale del Parlamento allo scopo di realizzare un controllo più diretto su di esso da parte degli operai. Nel 1800 il Parlamento inglese dichiarò l’associazione «illegale». Le altre organizzazioni sindacali, «Trade Unions», dovettero operare in clandestinità. Furono riconosciute nel 1825.
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