L’Impero russo era uno Stato multietnico al cui interno vivevano popoli con lingue e tradizioni diverse. Il regime zarista era autocratico, cioè con un potere assoluto dello zar, il quale era appoggiato da una oligarchia (Chiesa ortodossa e grandi famiglie aristocratiche) che deteneva il 90% della proprietà terriera.
Contesto economico
L’agricoltura era gravemente arretrata e il ceto contadino lavorava in condizioni di sfruttamento dovute ai seguenti fattori:
1. servitù della gleba: il contadino era legato alla terra da un vincolo giuridico;
2. colture estensive: il contadino era costretto ad aumentare la propria produttività attraverso l’aumento dei terreni messi a coltura;
3. il grano: la maggior parte del profitto era incamerato dai proprietari che destinavano il grano prodotto all’esportazione; ciò comportava sia l’impoverimento dei contadini ma anche la penuria di grano.
La condizione di stento e sfruttamento provocava frequenti rivolte contadine, represse spesso nel sangue.
Tentavi di riforme
Nel 1861 lo zar Alessandro II Romanov abolì la servitù della gleba: il contadino che voleva essere libero riceveva la terra in uso (non proprietà) in cambio di un riscatto al proprietario. Questo sistema, però, fece sì che la libertà, subordinata dunque alle possibilità economiche del contadino, si rivelò impraticabile.
La riforma non portò nessun beneficio ai contadini e le tensioni sociali rimasero accentuate.
Lo sviluppo industriale
La Russia tentò un’opera di modernizzazione economica attraverso due vie:
1. l’afflusso di manodopera e capitali stranieri (francesi, tedeschi e inglesi) per l’industrializzazione del paese.
2. l’intervento statale in economia: finanziamenti nel settore siderurgico e ferroviario.
Ciò comportò un «boom economico » alla fine dell’Ottocento: una rapida industrializzazione nei settori petrolifero, tessile e metallurgico.
La società, però, non godette dei benefici della crescita economica, poiché i settori industriali non erano in mano alla borghesia industriale, come avveniva negli altri paesi, ma erano affidati a stranieri: la borghesia russa non aveva grandi spazi di manovra economica né tantomeno potere politico.
Il dibattito politico interno
La situazione sociale, politica ed economica e i cambiamenti in atto in Russia erano sottoposti all’attenzione dell’intellighenzia, la classe colta russa oppositrice allo zarismo, che esprimeva diverse opinioni sulla strada da seguire per l’ammodernamento:
OCCIDENTALISTI
SLAVOFILI
MARXISTI
OCCIDENTALISTI
L’ammodernamento dell’economia russa avrebbe dovuto seguire la via «occidentale europea», introducendo in Russia le strutture politiche ed economiche occidentali:
1. capitalismo industriale avanzato
2. borghesia industriale come motore dell’economia
3. Stato liberale (monarchia costituzionale parlamentare)
SLAVOFILI
La Russia avrebbe dovuto seguire un percorso proprio ed originale, cercando di non ripetere gli errori dei paesi occidentali: il capitalismo produceva divisione sociale, miseria e sfruttamento del proletariato. Rifiutando il liberalismo, gli slavofili
sostenevano che la classe trainante verso lo sviluppo non fosse la borghesia, ma il ceto contadino. Questa impostazione fu chiamata «populismo», cioè l’esaltazione del popolo contadino russo, che prevedeva la loro alfabetizzazione per una loro presa di coscienza volta all’abbattimento dello Stato, sostituito con libere comunità agricole. I metodi dei populisti, di stampo terroristico, condussero all’assassinio dello zar Alessandro II nel 1881. I populisti erano organizzati nel Partito dei socialisti rivoluzionari.
I MARXISTI
Essi proponevano una terza via che, ad un tempo, eliminasse i difetti e conservasse quanto vi era di utile nel capitalismo liberale. Rispetto ai populisti, i marxisti:
1. valutavano positivamente i progressi prodotti dalla rivoluzione industriale capitalistica;
2. la classe sociale rivoluzionaria era il proletariato industriale, che andava istruito per far nascere una coscienza di classe rivoluzionaria;
3. la via occidentale, era in un certo senso recuperata all’interno del loro progetto rivoluzionario: la costruzione di uno stato liberale borghese sarebbe propedeutica all’instaurazione della futura rivoluzione socialista;
4. non erano d’accordo con i metodi terroristici: questi generavano reazioni repressive che intralciavano lo sviluppo e l’organizzazione di un partito centralizzato che avrebbe direzionato i proletari nella costruzione della coscienza di classe.
Nel 1898, al congresso di Minsk, i marxisti russi fondarono il Partito Operaio Socialdemocratico Russo (POSDR).
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