LA FILOSOFIA DELLA STORIA - HEGEL



La guerra, nella relazione tra Stati, è un elemento strutturale della Storia, poiché oltre ad essere fattore necessario della dialettica storica, si costituisce anche come alto valore morale. Per Hegel, infatti, “la guerra preserva i popoli dalla fossilizzazione” (da Lineamenti di filosofia del diritto), cioè essa fa sì che essi (i popoli) possano svilupparsi verso un nuovo concetto, un nuovo universale. Insomma, la guerra, strumento dialettico negativo della Ragione, conduce i popoli verso le future tappe di sviluppo storico già presenti nella Logica e che attendono di realizzarsi come "storia".

Ma come si può accettare, o meglio, come si può giustificare filosoficamente, una tale impostazione?

Se l’uomo rimane rinchiuso nella prospettiva dell’intelletto, la storia e tutte le sue guerre appariranno come qualcosa di irrazionale, disordinato, alla mercé del capriccio delle ambizioni arbitrarie umane. In realtà, sostiene Hegel, se usciamo dagli ideali personali, soggettivi e limitanti dell’intelletto e ci si pone dal punto di vista della ragione assoluta (punto di vista speculativo: vedi terzo momento della dialettica) la Storia appare come un insieme ordinato e razionale. La filosofia della storia di Hegel è il corrispettivo filosofico della provvidenza cristiana, la quale sottintende una razionalità della storia del mondo voluta da Dio.

Qual è il fine della Storia?

Il fine è che lo Spirito universale giunga al sapere di sé, all’auto riconoscimento: è la libertà dello Spirito. Infatti ciò che accade, non è una mera necessità imposta dall’esterno, ma un processo evolventesi immanente allo Spirito stesso, un suo modo di procedere strutturale.

Lo spirito come realizza il suo scopo? Come realizza, cioè, libertà e sapere di sé?

Lo Spirito utilizza le passioni degli individui come mezzi per raggiungere l’universale avvenire, il concetto successivo. Di quali individui? Dei “veggenti”, o “individui cosmico – storici”: sono coloro che, rispetto agli altri, intuiscono quale sia l’universale prossimo a sorgere. Apparentemente costoro sembrano forzare la realtà, instaurando l’ordine che a loro stesso appare come una loro decisione. In realtà, però, l'astuzia della Ragione strumentalizza le loro passioni e le ambizioni di potere, servendosene fin quando l’universale prossimo si realizza, per poi disfarsene, lasciandoli perire in balìa del loro inesorabile destino di caducità. Uomini tal genere, protagonisti ed eroi, ma anche strumenti la cui individualità risulta superflua, sono Giulio Cesare, Alessandro Magno e Napoleone, le cui ambizioni li hanno portati dove nessuno sarebbe mai arrivato; ma una volta compiuta la trasformazione a cui era destinati, sono stati eliminati (congiura, morte prematura, esilio). Le passioni di tali individui, che costituiscono come dei “particolari”, dei “finiti”, sono strumentalizzati: mentre seguono le loro ambizioni, senza saperlo, svolgono il volere libero dello Spirito del mondo.

Come fa lo Spirito a “sapere di sé”? Come fa lo Spirito a “realizzare la libertà”? Insomma: da cosa comprendiamo che ha realizzato il suo scopo?

La realizzazione coincide con la formazione dello “Stato”: questa istituzione intersoggettiva rappresenta l’ingresso di Dio nel mondo, come fine supremo che realizza la libertà.

La concezione dello Stato di Hegel

La concezione liberale proponeva una visione distorta della libertà, coincidente con l’arbitrio e il capriccio dei bisogni individuali. Secondo Hegel, invece, la libertà nella sua oggettività (e dunque non soggettività come i liberali) si realizza solo nello Stato etico, il quale produce un ordine e un bene collettivo che trae l’uomo fuori dalla necessità meccanica dell’egoismo della società civile (dominata dall’interesse privato e dall’egoismo). L’individuo, dice Hegel, agisce sempre secondo capriccio, arbitrio, anteponendo l’interesse privato al bene collettivo. L’epoca dell’individualismo illuminista e dei disordini della rivoluzione francese sono finiti. L’individualismo che ha creato difficoltà all’ascesa del mondo germanico deve sottomettersi all’obiettivo più grande del bene dello Stato. Da ciò se ne deduce che la libertà del liberalismo è una falsa libertà, poiché racchiusa in una prospettiva individuale (legata all’intelletto astratto). La libertà non è una proprietà individuale ma, come dice G Sabine, essa è “un fenomeno sociale, una proprietà del sistema sociale che sorge attraverso lo sviluppo morale della comunità”. Non è libertà liberale della “difesa dell’egoismo e delle inclinazioni private” la corretta visione di libertà, ma semmai essa consiste “nell’adattamento della inclinazione e della capacità individuale al compimento di un lavoro socialmente significativo”.

I diritti e le libertà dell’individuo sono quelli che corrispondono ai doveri sociali. Per Hegel l’individuo trova il suo senso non nell’alienazione dallo Stato, ma nell’integrazione dentro di esso: “Nello Stato moderno tutti gli uomini sono liberi e nel loro servizio allo Stato essi possono trovare idealmente la forma suprema di realizzazione personale. Nello stato la libertà negativa dell’egoismo è sostituita dalla vera libertà della cittadinanza”. (G. Sabine). Ricordiamo ciò che dice Hegel: lo Stato ha priorità logica rispetto all’individuo, poiché l’uomo, fuori dallo Stato non è nulla, come il popolo, al di fuori dello Stato, è una moltitudine informe.

Perché Hegel sostiene che nel mondo germanico si realizza lo Spirito e, quindi, la libertà?

Per rispondere a questa domanda torniamo alla filosofia della storia. Secondo Hegel, la storia del mondo è una successione di forme statali riassumibili in tre momenti fondamentali:

Il mondo orientale: nelle monarchie orientali era libero uno solo, il monarca assoluto, il cui potere era di origine divina. Era un mondo di schiavitù e strutturalmente gerarchico.

Il mondo greco – romano: nella democrazia della pòlis e nella repubblica romana alcuni sono liberi, poiché la cittadinanza non era per tutti.

Il mondo germanico – cristiano: la monarchia costituzionale abolisce di privilegi nobiliari e rende tutti i cittadini uguali riguardo i loro diritti. Questa nuova e conquistata libertà è possibile solo all’interno dello Stato. Al di fuori di questo, l'uomo non avrebbe neanche cognizione di cosa è la libertà e non avrebbe neanche le categorie interpretative adibite al suo riconoscimento: solo l’Ethos del popolo cui appartiene lo rende “uomo”, “cittadino”; e l’unica libertà possibile è quella che coincide con l’integrazione all’interno della comunità statale.

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